Contraddizioni di una riforma Bisogna sperare che il Presidente del Consiglio non si muova sul terreno costituzionale con la stessa disinvoltura dimostrata nella conoscenza delle lingue nei paesi africani. Non sapere che in Congo si parla il francese, può apparire una semplice leggerezza, ignorare che nella Repubblica il crimine impedisce di ricoprire un qualche ruolo istituzionale, è invece una lacuna preoccupante e pericolosa. L’idea di fare le riforme della costituzione con il capo di un partito pregiudicato e condannato, come Renzi ha detto serenamente all’indomani della sentenza su Berlusconi, non sta né in cielo né in terra. Perché, se una parte piccola, o grande, di italiani decide di farsi rappresentare politicamente da un reo di sfruttamento della prostituzione minorile – non sappiamo cosa deciderà il terzo grado del processo Ruby – , questa è una ragione per evitare ogni commistione con quel partito, e con il suo leader, altro che patto sulle riforme. E’ Il partito di Renzi ad aver votato la decadenza da senatore di Berlusconi, appena saputo della condanna definitiva sul processo Mediaset, senza nemmeno preoccuparsi di ascoltare la sua versione in aula. E ora si vuole fare di quest’uomo cacciato dal Senato, un padre della Patria? Se ascoltiamo le parole pronunciate dal pubblico ministero di Palermo, Di Matteo, in occasione della commemorazione di Paolo Borsellino, sabato scorso, non siamo nemmeno all’inizio di quello che potrà rivolgersi sul versante delle inchieste giudiziarie, contro il leader di Forza Italia. Un importante giornalista italiano, piuttosto abbacchiato in verità, dalla sentenza del tribunale di Milano, aveva paragonato qualche anno fa Berlusconi a Mackie Messer, il protagonista de “L’opera da tre soldi” di Bertolt Brecht. Mackie Messer era la trasfigurazione teatrale di Adolf Hitler e Renzi vorrebbe fare le riforme con lui! Figuratevi se non hanno ragione intellettuali e professori che denunciano la svolta autoritaria che si prepara. Roma, 21 luglio 2014 |